Varsavia 18 7m̄bre 1818
Chi avrebbe mai pensato due anni fà di dover io passar Professore quì, e Lei a Berlino? pur troppo è vero che πολλὰ δʼἀνθρώποις παρὰ γνώμαν ἔπεσεν. Comunque non preveduta; la cosa è andata com’è. Ella non avrebbe voluto perdere l’amica, ed io non avrei voluto lasciare l’Italia se avessi potuto trovar là i vantaggi d’ogni genere che ho qui. Ottomila fiorini polacchi di provvisione accademica; quattro mila dal canonicato che mi hanno conferito; la posta franca, l’abitazione, son vantaggi che non potevo trovare in Italia. S’aggiungono per ornamento due decorazioni, di S. Stanislao, e quella del Re di Sassonia data al mio capitolo; ed anche queste soddisfano l’amor proprio in faccia al proprio paese. Dico la verità che [2] non son pentito del cambio; quantunque sia molta differenza tra questo clima, e quello d’Italia, particolarmente di Pisa. Ma tutto non può combinarsi. Sono poi contentissimo quando considero lo stato presente dell’Italia, dover un’uomo liberale e di sentimento non può stare con piacere. Passiamo ad altro.
Pubblicai la mia dissertazione sù l’origine della lingua Italiana. Ha riscosso generalmente l’approvazione in Italia. Il Sig. Rainuard peraltro, che ha sostenuto un’altra opinione, mi si è dichiarato contro, come avrà veduto nel Journal des Savans. Lo fa con molta riserva ma anche con molta debolezza d’argomenti. Intanto le mando la Dissertazione per mezzo del Sig. Pietro Velfi negoziante italiano che di qui passa alla fiera di Lipsia. Ella potrà scrivere al med.mo a Lipsia indicandogli il modo di farlela [3] pervenire con sicurezza. Qui ho sotto il torchio un’operetta intitolata Feriae Varsavienses, nella q̄le tratto molti argomenti Letterarj, specialmente di questioni che mi riguardano. Tra le altre cose vi sarà la mia risposta a Rainuard. La prego di scrivermi qui, e di indicarmi la via per la q̄le potremo tenere la nostra corrispondenza, se non le accomodasse la posta. È morto il povero Millin, che mi avea scritto un mese avanti di morire, e la lettera m’è giunta dopo la sua morte. D’Italia ho avuto lettera da Morelli, che si lamenta egli pure della sua salute. Mustoxidi stà bene. Inghirami e Schiassi hanno pubblicato q̄lche cosa sopra i Vasi e le patere. Altre operette filologiche sono state date in luce, oltre i nuovi frammenti dei fasti consolari illustrati del Borghesi che avrà già veduti; L’Affrica Sacra e le altre cose dl Morcelli. Mi scrivono da Roma [4] che l’Ab. Mai possa passare alla Vaticana. Quest’uomo stimabile fino a un certo punto è coperto di orgoglio da capo ai piedi; e le tante ciarpe che pubblicate con aria d’importanza, assistito dalla borsa del conte Mellerio, mostrano che crede tutto oro quello che esce dalle sue mani, o per dir meglio, procura di farlo diventare oro, vendendo la carta a carissimo prezzo. Nelle mie feriae varsavienses c’è anche q̄lche cosa per lui.
Intanto mi dia le sue nuove mi ami e mi creda il suo
P.S.: mi scrivon pure da Roma che il Padre Altieri è la in purga per q̄lche tempo al sac[r]o speco, e che poi uscito nuovo nuovo dal bucato sarà impiegato. I Preti fanno così: quando loro torna il conto, con un pennello fano un diavolo di Cristo e di Cristo un diavolo
Aff.o Se.o ed amico
Sebastiano Ciampi